Poco lontano da me si scorgeva una sagoma scura, accasciata a ridosso di un sentiero di neve battuta. Mi avvicinai circospetto con già un cattivo presentimento e, quando raggiunsi quel punto, tutto mi fu chiaro. Era il corpo senza vita di un umano, riverso di faccia nel ghiaccio. Lo voltai con fatica e il volto orribilmente squarciato mi salutò con un sorriso innaturale da orecchio a orecchio, carico di sangue rappreso e congelato. Questa povera anima era probabilmente l’autore dei due messaggi che avevo incrociato poco prima: voleva lasciare ai posteri un messaggio chiaro: aveva scoperto probabilmente un rettiliano e lo stava seguendo per conoscere l’ubicazione del suo rifugio.
Forse, se mai fosse riuscito a trovare la tana rettiliana, si era anche riproposto di ritornarci armato di tutto punto, visto che con sé non aveva armi di sorta. Purtroppo la sua curiosità gli era stata fatale: evidentemente si era fatto scoprire dal rettile e, completamente disarmato, aveva fatto la fine di un agnello tra le fauci di un lupo famelico.
Forse era solo una mia impressione, ma il braccio destro del malcapitato indicava la direzione in cui, probabilmente, si era diretto il Rettiliano, dopo l’efferata colluttazione.
Sepolto completamente di neve il cadavere, mi incamminai verso la direzione indicata dall’umano.
Dieci minuti più tardi finalmente lo trovai: quasi del tutto sepolto dalla neve, si nascondeva un rifugio in pietra e legno, dimora prediletta dei bicaudali.
Non feci in tempo ad avvicinarmi all’uscio, che subito riconobbi il sibilo minaccioso del bicaudale. Stava appollaiato sulle fronde di un abete vicino e mi fissava con i suoi occhi rosso fuoco, frustando l’aria con le sue code velenose: probabilmente si era accorto che, oltre a quell’umano, qualcun altro era sulle sue tracce.
Estrassi subito dallo zaino una carcassa di marmotta incendiaria: una mia ricetta per un’arma davvero letale; la marmotta, come tutti i roditori, funge da repellente naturale per i rettiliani (anche se è inefficace contro i bicaudali), ma se poi viene farcita con polvere di pirite, gel di benzene e guano di scoiattolo, diventa una vera e propria bomba incendiaria.
Non appena vide la marmotta, il bicaudale iniziò a spruzzare a raggiera i suoi velenosi umori rettali, senza riuscire a prendermi; diedi subito fuoco al vello del roditore e iniziai a far roteare la carcassa tenedola per la coda. Spaventato dalle fiamme, il bicaudale spiccò un balzo lunghissimo e batté in ritirata.
La mia mira però ancora una volta non mi tradì: raggiunta una notevole forza centrifuga, lanciai la marmotta in direzione del Rettiliano e, tracciando nel cielo blu un arco di fumo nero, la bomba impattò perfettamente contro il bicaudale ancora a mezz’aria.
Un grido orrendo. Poi più niente.
Mi affrettai in quella direzione: giù per una duna di neve si vedeva il corpo del rettiliano apparentemente esanime con sul petto la marmotta che bruciava con vigore. Avevo appena iniziato a scendere tra la neve fresca, quando improvvisamente sulla mia testa si materializzò un disco volante di fattura chiaramente rettiliana: probabilmente era uscito dall’occultamento, visto che non l’avevo visto né sentito arrivare. Con il suo raggio trasportatore, prelevò il cadavere del bicaudale insieme alla carcassa di marmotta (che ormai si era spenta) e in pochi secondi guadagnò quota e schizzò lontano.
Tutto quello che rimase fu l’impronta lasciata bicaudale nella neve, con il segno visibile delle sue due code.
Ma non era tutto: scomparendo ad alta velocità nell’atmosfera, il disco rettiliano si era lasciata dietro alle spalle una maledetta scia bianca. Per punirmi per l’uccisione del bicaudale, avevano deciso di irrorare in quota bianchi veleni mortali.
Col cuore strozzato in gola, filmai quello scempio in questo video: REPT (1)
A futura memora.
(Fine)
Unisciti al nostro canale Telegram!
Resta aggiornato e non perderti nessuna news scientifica indipendente!
Iscriviti ora