Oggigiorno la tecnologia è onnipresente e le connessioni WiFi sono addirittura obbligatorie nei luoghi pubblici o sono requisito indispensabile per ristoranti, bar e hotel affinché la clientela anestetizzata continui ad arrivare.
La popolazione moderna, come ipnotizzata, avverte un bisogno viscerale di connettersi alla rete per condividere ogni tipo di banalità, dai risultati del campionato di calcio alle gare di Moto GP. Nel frattempo, trascurano attività ben più utili, come fotografare il cielo e documentare il degrado quotidiano, fingendo deliberatamente di non notarlo.
Purtroppo, l’indifferenza verso questioni cruciali e questo letargo mentale non sono una scelta volontaria, ma il risultato di un’induzione artificiale orchestrata dai governi corrotti, impegnati ad attuare i loro piani di sterminio sotto gli occhi di tutti. Solo poche persone riescono a risvegliarsi da questa ipnosi collettiva: individui dotati di particolari predisposizioni naturali, configurazioni cerebrali uniche o, protetti da elmetti in alluminio, che permettono loro di controllare le proprie vite e riflettere in modo obiettivo e sensato.
Recentemente, uno studio condotto dagli illustri scienziati Alan O’Reo e Takashi Ringo, esperti nel campo del neuro-elettromagnetismo, ha dimostrato che l’emissione di onde alla frequenza di 2,4 GHz (come quella utilizzata dal WiFi) interferisce direttamente con gli strati del cervello, inibendo la funzione della ghiandola pineale e alterando lo scambio di elettroni nella corteccia cerebrale.
Come molti sapranno, la ghiandola pineale è considerata l’organo che consente alla nostra anima di mantenere un equilibrio psicofisico sull’intero organismo, coinvolgendo anche il cuore e il colon, lavorando proprio su frequenze di 2,4 GHz.
E allora, ci si chiede: è davvero una coincidenza che il WiFi operi esattamente su questa frequenza? E come mai, nonostante l’avanzamento tecnologico, non è mai stata modificata nel corso degli anni?
I ricercatori indipendenti e gli indagatori amatoriali hanno sicuramente trovato una risposta a questa domanda già da tempo, ma la maggioranza delle persone, nonostante le evidenze schiaccianti, continua a rifiutare la realtà. E sapete perché? La causa è proprio l’effetto ipnotico delle reti WiFi, che alterano la percezione e impediscono alla popolazione di vedere ciò che è sotto i loro occhi.
Fermiamoci un attimo a riflettere: se foste dei criminali con accesso a dispositivi in grado di controllare le masse, dove li collochereste? Ovviamente, li diffondereste in dose massiccia nei luoghi pubblici, creando una dipendenza subliminale che spingerà l’ignara popolazione a comprare dispositivi WiFi da tenere in casa o sempre con sé (basti pensare agli smartphone).
La prova è evidente nell’esplosione di questa tecnologia negli ultimi dieci anni, coincidente con il crescente ottundimento mentale della popolazione. Ormai, la rete per il controllo mentale tramite WiFi è così vasta da coprire tre quarti del pianeta. Le poche aree rimaste libere sono sempre più rare, colpa delle campagne di giganti come Google e Facebook che, sotto la bandiera della “connettività globale”, stanno portando internet e dispositivi WiFi anche nelle zone più remote e svantaggiate del mondo.
Il nostro consiglio è chiaro: evitate, per quanto possibile, le zone densamente radioattive e, quando vi trovate in luoghi pubblici, chiedete lo spegnimento dei router WiFi, un diritto che, a nostro avviso, dovrebbe essere garantito dalla legge, proprio come il divieto di fumare.
Nel caso in cui l’esposizione sia inevitabile (come per chi lavora in ufficio o frequenta la scuola), raccomandiamo l’uso di un elmetto in alluminio, che nei mesi più freddi può essere facilmente nascosto sotto un berretto (chi scrive ne fa largo uso da anni senza preoccuparsi delle opinioni altrui).
In fondo, è meglio sembrare ridicoli agli occhi di chi non comprende il funzionamento di questi dispositivi, piuttosto che rischiare di “friggere” il cervello senza nemmeno accorgersene.
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