C’è un motivo se ogni tanto una madre naturopata prende la figlia per mano e attraversa mezza Europa per incontrare Wotan in un angolo remoto della Turingia. Non è turismo e né lavoro, è un’urgenza.
Dopo i consueti scambi di tisane adattogene e digressioni sulla simbologia pluto-massonica nelle scie chimiche, Wotan ci confida qualcosa. C’è un nodo oscuro che lo tormenta: una forza ipnotica che lega milioni di persone a un marchio nordico apparentemente innocuo. Il suo epicentro è all’Ikea.
È così che, poche ore dopo, ci troviamo nel parcheggio di un’enorme scatola blu e gialla, emanazione materialista del pensiero simbolico scandinavo. La scusa ufficiale per infiltrarsi, e mantenere un profilo basso, è comprare un pupazzo per mia figlia. La verità è ben più controversa.
Benvenuti al tempio della Fika

Attraversato il reparto divani, i labirinti per famiglie e la zona cucina-cesso, giungiamo al bar, dove Wotan mi indica una parete. Ed è lì che avviene l’epifania: FIKA, scritto in caratteri cubitali sopra il banco del caffè e dei dolcetti alla cannella.
Un’esplosione semantica.
Per gli svedesi, Fika è la pausa caffè. Ma nel cervello mediterraneo — ancor più se saturo di simbologia archetipica e linguaggio patriarcale occulto — il termine entra in risonanza con qualcos’altro, di molto più intimo.
Cogliere il vero significato della Fika non è un esercizio linguistico: è un’esperienza inconscia, pineale. Ricordate l’articolo sui messaggi subliminali nelle canzoni K-pop? Il cogni-lingus di cui parlavamo? Ecco, lo stesso principio è all’opera nei corridoi di questo tempio della brugola.
“Tira di più un pelo di Fika che un mobile IKEA.”
Wotan

IKEA e l’eros occulto dei mobili
È qui che si apre il vero vaso di IKEA: non quello con dentro i finti fiori di plastica, ma quello di Pandora.
Raccolte le dovute prove subliminali in Germania, sono rientrata in patria, per proseguire le mie indagini nei centri IKEA del Nord-ovest del nostro paese. Ciò che è emerso ha dell’incredibile.
Dietro l’aspetto innocuo di librerie, cassettiere e divani, si nasconde un sofisticatissimo sistema di stimolazione libidica inconscia. L’architettura dei negozi, i colori pastello, l’illuminazione calda, i corridoi infiniti… tutto è progettato per innescare una risposta erotica profonda, viscerale, ancestrale.
E il punto centrale sono i nomi.
Non è un caso. IKEA non chiama i propri prodotti “Divano 3 posti blu” o “Scaffale medio”. No. Li battezza con parole che, pur mascherate da improbabili svedesismi, attivano precise aree simboliche nella mente umana. La strategia è sottile: stimolare la libido attraverso l’ambiguità fonetica.
Eccone alcuni esempi:
- SOJABONA – son già bona
- GODIS – godi
- BOLMEN – ball men, ovvero testicoli
- FLOTTILJ – fottili
- SKULINGEN – sculacciare
- GRINDFALLET – grande fallo
- TRENSUM – threesome, o “tradimento” (treason)
- BLANGSLEV – bianco slave
- POPPARE – azione di un uomo che succhia un seno femminile
- MELLÖSA – pelosa (non devo spiegarvi io cosa)
E potremmo continuare letteralmente per ore, perché tra i mobili esposti ci sono molti più doppi sensi che doppi fondi.

Un insolito desiderio
Sempre più persone, dopo una visita all’IKEA, ci riferiscono di un fenomeno in apparenza inspiegabile: un aumento del desiderio sessuale. Coppie che scoppiano di passione dopo aver montato un tavolino LACK. Donne che, in stato interessante (frutto di precedenti visite?), trascinano il partner tra tappeti e specchi come attratte da un magnetismo irrazionale. Giovani innamorati che girano tra gli scaffali guardandosi negli occhi con un’intensità che raramente si vede da Mondo Convenienza.
Coincidenze? O è forse la pineale che risponde agli stimoli di un ambiente progettato per sovrastimolarla?
Il principio è lo stesso osservato nel cogni-lingus delle canzoni K-pop, come abbiamo già mostrato nel nostro dossier: messaggi che saltano il filtro razionale e parlano direttamente all’inconscio erotico.
L’arredo dell’anima
IKEA, al di là del truciolato, offre un’esperienza che è insieme sensoriale, simbolica e, diciamolo, genitale. Un rituale collettivo di risveglio libidico mascherato da shopping di massa. E nel farlo, ci mostra quanto sia fragile la nostra volontà, quanto siamo esposti ai richiami silenziosi del desiderio.
Stai davvero scegliendo una scrivania? O stai rispondendo a un richiamo arcaico mascherato da nome svedese?
Prova a farti queste domande la prossima volta che deciderai di fare acquisti da IKEA.