Alieni

Macchie di Rorschach rivelano rapimenti alieni?

3 Min. di lettura

Alla redazione del Comitato Chiave Orgonica, abbiamo ricevuto una telefonata da uno psichiatra che desidera rimanere anonimo per ovvi motivi. Una sua paziente, affetta da disturbi del sonno, ha mostrato comportamenti e interpretazioni decisamente inusuali durante il test di Rorschach.

Il caso è curioso perché, come spiega il dottore, non è affatto raro che le persone vedano cose strane nelle macchie d’inchiostro, ma di solito si tratta di animali, figure umane o paesaggi. Questa volta, invece, la paziente — che chiameremo Rosy — ha visto UFO, alieni e oggetti decisamente terrestri, ma fuori contesto, come un carrello della spesa colmo di würstel, cetrioli, melanzane e birra in lattina. Un assortimento tanto preciso da far pensare a un messaggio nascosto. Ma facciamo un passo indietro.

Le macchie e la mente

Il test di Rorschach nasce nel 1921 come strumento psicodiagnostico per esplorare l’inconscio attraverso l’associazione libera. In pratica: si mostra una serie di dieci tavole di macchie e si chiede al paziente cosa ci vede. L’idea è che le risposte rivelino le strutture profonde del pensiero, traumi, desideri e conflitti interiori.
Ma negli ultimi anni — racconta lo psichiatra — qualcosa sembra cambiare. Sempre più pazienti riferiscono visioni extraterrestri, forme metalliche, occhi luminosi, presenze che li osservano o li toccano.

Il caso di Rosy

Rosy è una donna di 38 anni, senza precedenti psichiatrici, che si è rivolta al dottore per problemi di insonnia e ansia. Non ricordava eventi traumatici, ma riferiva la sensazione di essere “osservata di notte”. Vista la sua prognosi, lo psichiatra ha deciso di approfondire l’inconscio del paziente usando il metodo delle tavole di Rorschach.
Durante il test, alla prima macchia, Rosy rimase in silenzio più del previsto. Di solito le risposte arrivano quasi d’istinto — “un pipistrello”, “due farfalle”, “una maschera” — ma lei fissava la carta come se ci fosse qualcosa che non riusciva a dire. Poi, quasi sottovoce, mormorò: “Un disco volante.”
Il dottore alzò appena lo sguardo, cercando di non interrompere il flusso delle associazioni. Rosy si accorse della propria risposta e arrossì. “No… forse… una farfalla,” aggiunse in fretta. Ma ormai era tardi: le mani si erano irrigidite, le dita affondavano nel tessuto della poltrona, le labbra tremavano appena. Il dottore lo notò subito. C’era qualcosa di vero in quella paura improvvisa — come se la donna non avesse semplicemente immaginato un UFO, ma lo avesse riconosciuto.
Alla seconda tavola, la voce di Rosy si fece più sicura: “Ci sono… esseri. Mi guardano. Hanno qualcosa in mano, sembra una… sonda.”
Il dottore non commentò, ma segnò con cura ogni parola. Poi, alla terza macchia, accadde qualcosa di ancora più bizzarro. Rosy si mise a ridere, e descrisse — e qui il dottore ammette di essersi fermato un attimo — un carrello della spesa con alimenti specifici.

“Non è tanto cosa vedeva,” ci ha detto, “ma come lo vedeva. Con una lucidità inquietante, come se stesse ricordando, non immaginando.”

Nessuna traccia di allucinazioni o psicosi, nessun segno di confabulazione. Eppure, le immagini sembravano attingere a un livello profondo, simbolico.
I vegetali e i würstel, ci spiega il dottore, hanno una forma allungata e ambigua che può rimandare a tematiche di controllo, invasione o sessualità repressa — ma Rosy non ne era consapevole.
Per lei, quelle scene erano solo “curiose”, quasi buffe. Eppure, al termine della seduta, ha confessato di sentirsi “svuotata”, come dopo un sogno molto intimo.

Un fenomeno collettivo?

Il nostro psichiatra non è il solo ad aver notato il fenomeno. Negli ultimi due anni, diversi professionisti hanno segnalato casi analoghi: pazienti senza patologie evidenti che, di fronte alle macchie di Rorschach, vedono alieni o oggetti collegati a esperienze di “prelievo”.
La comunità scientifica ufficiale, per ora, non riconosce il fenomeno, ma qualcuno parla già di “abduction simboliche” — esperienze psichiche condivise, nate dal bombardamento di immagini fantascientifiche, traumi culturali o, come suggeriscono i più scettici, semplici coincidenze. Il collega e amico Peppe Pluton sostiene che purtroppo alcune razze di grigi, dopo l’abducion e l’esame profondo del soggetto, ne modificano le strutture cerebrali in modo da rimuovere quanto più ricordo possibile. Ma una parte dell’esperienza rimane nel subcosciente.

Più abduction del previsto?

Se così fosse, dovremmo forse riconsiderare tutte le statistiche note sui casi di abduction. Forse gli alieni rapiscono molte più persone di quante riusciamo a censire, ma la memoria dell’esperienza viene accuratamente rimossa, nascosta in qualche anfratto della mente. Il test di Rorschach, potrebbe quindi essere l’unico varco attraverso cui questi frammenti rimossi riescono a riemergere, ancora pulsanti.

E allora la domanda diventa inevitabile: cosa sta accadendo lassù, nel silenzio delle nostre notti? Gli episodi stanno davvero aumentando?
Forse gli alieni non stanno più cercando contatti isolati, ma esperimenti di massa, discreti, disseminati nelle menti di individui comuni. Oppure, come suggerisce lo psichiatra, potremmo trovarci di fronte a una nuova forma di trauma collettivo, travestito da allucinazione condivisa. C’entrano forse le scie chimiche?
In entrambi i casi, il fenomeno merita attenzione: perché se i pazienti come Rosy continuano a moltiplicarsi, la scienza non potrà più far finta di nulla.

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Sull'autore
Nato da padre italiano e madre tedesca, Wotan inizia la sua attività da ricercatore indipendente a 23 anni, shoccato dalla vista delle prime chemtrail. Attualmente residente in terra teutonica, è traduttore professionista di testi divulgativi, nonché socio fondatore della Gesellschaft für das Erwachen der Bevölkerung (GEB).
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