Il terzo appassionante capitolo di una delle mie più pericolose missioni contro i Rettiliani!
Al suono della sirena rettiliana non mi persi d’animo e ritornai velocemente sui miei passi.
D’un tratto avvertii sul mio viso una sostanza calda e bagnata che iniziò subito a urticare l’epidermide del mio viso: un rettiliano in piedi di fronte a me mi aveva spruzzato sul volto la sua bava velenosa. Urlai per il dolore (fu così infatti che persi la palpebra dell’occhio destro, per via di una rapidissima decomposizione) e subito vuotai il contenuto della mia fiaschetta sul viso. Il whisky irritò le piaghe che già si erano formate, tuttavia lavò via quel veleno bavoso.
Colpii con un calcio il rettiliano al basso ventre e mi feci largo tra le pareti melmose del corridoio: giunto in prossimità dell’uscita mi resi conto che un plotone di Rettiliani si stava posizionando per sbarrarmi la via di fuga. Cambiai subito direzione e fui costretto a insinuarmi ancora più nelle profondità della base rettiliana.
Giunsi in una stanza molto calda e molto umida: sotto ai miei piedi avvertivo una sostanza morbida, come bambagia bagnata. Con cautela procedetti a piccoli passi, ma il terreno viscoso mi fece rovinare per terra, colpendo un oggetto molto robusto con la testa. Rimasi incosciente per qualche secondo, ma subito i miei sensi tornaro attivi per via di un dolore lancinante alla mano sinistra: aprii di scatto gli occhi (anzi, l’occhio sinistro, visto che il destro era rimasto sempre irrimedibilmente aperto) e vidi un cucciolo di rettiliano che sgranocchiava con interesse il mio anulare sinistro. Le sue fauci erano imporporate dal mio sangue e gli occhietti giallognoli mi fissavano vitrei: subito estrassi dalla tasca destra dei miei pantaloni una pelle di marmotta in avanzato stato di decomposizione e la premetti con forza sul muso del rettiliano infante. L’olezzo emanato dalla marmotta putrefatta fece perdere i sensi al piccolo divoratore di dita umane: lo caricai in spalla e procedetti in direzione di una flebile luce che si scorgeva in lontananza. Madido di sudore e rorido di melma rettiliana, procedetti verso quella che si rivelò una seconda uscita dalla base.
Ma non così in fretta.
Un gruppo di Rettiliane inferocite si parava tra me e la libertà: subito lanciai verso di loro la pelle di marmotta e le femmine iniziarono a urlare di rabbia e disgusto. Avanzai verso di loro, ma presto le Rettiliane si ricomposero e indossarono uno scafandro probabilmente dotato di maschera anti-afrore. Si posizionarono in fila doppia e aspettarono frementi la mia avanzata.
Non tutto era perduto però: avevo ancora in ostaggio il cucciolo di Rettiliano.
(Continua e termina…)
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