I messaggi subliminali nella musica, nei film, nella pubblicità e in qualunque altro prodotto audiovisivo sono una cosa dannatamente seria, e su questo siamo tutti d’accordo.
Nel corso degli anni, sia io che diversi esperti abbiamo indagato, lottato e divulgato per contrastare questa piaga.
Capirete bene, quindi, il mio disappunto quando, per errore, cambio canale alla TV e da ByoBlu mi ritrovo su un canale mainstream qualsiasi, imbattendomi in uno spot pubblicitario che mi ha fatto ribollire il sangue.
Lo spot in questione mostra una goffa Elisabetta Canalis che si rinfresca con una bottiglia di tè freddo al mare. Dopo un sorso platealmente finto, in preda a chissà quale epifania, afferra un megafono e comincia a dire parole a caso che − lo spettatore più illuminato noterà − terminano con “tè”. A quel punto, frotte di bagnanti ipnotizzati corrono al chiosco per acquistare la bevanda.
Tralasciando il fatto che i messaggi subliminali non funzionano in modo così stupido, nemmeno sui telespettatori a casa, il problema è un altro, e ben più serio.
È evidente che lo scopo di questo spot sia ridicolizzare la ricerca nel campo del subliminale, le persone che vi si dedicano e le fondamenta stesse di questa scienza non convenzionale. Guarda caso, il web si è subito scatenato con meme e caricature sulla Canalis e sulla bibita che promuove.
La stessa ondata di scherno e ironia investirà anche noi esperti, in quella che appare come l’ennesima operazione costruita a tavolino dai poteri forti per denigrare i ricercatori seri. Senza contare che si tratta dell’ennesimo tentativo di normalizzare l’uso dei messaggi subliminali.
Noi, indagatori del subliminale, non ci fermiamo a sciocchezze simili: analizziamo video fotogramma per fotogramma, ascoltiamo canzoni a diverse velocità, sia al dritto che al rovescio. Dedichiamo decine di ore al mese del nostro tempo libero alla scoperta della verità, per il bene di tutti, senza chiedere nulla in cambio.
Non ci fermerà uno spot ridicolo né l’ennesima campagna orchestrata per screditarci.
Chi ha occhi per vedere e orecchie per sentire sa distinguere l’informazione dalla manipolazione, la ricerca dalla propaganda.
Continueremo a indagare, a segnalare, a difendere ciò che altri preferiscono ignorare o deridere. Perché la verità non ha bisogno di megafoni, ma di chi ha il coraggio di ascoltarla.