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Geiger, il cane che ha osato sfidare le scie chimiche

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La storia di oggi parte dalla punta del nostro stivale, la Calabria, e finisce, o almeno vorrebbe, in Alabama (USA). Purtroppo per Geiger, la storia, la sua storia, finirà già sul volo di andata verso gli States. Geiger non era un cane qualsiasi. Bellissimo alano, addestrato fin da cucciolo a riconoscere nell’aria tracce impercettibili di bario, alluminio e altre sostanze “non dichiarate”, Geiger era il fiore all’occhiello del canile di Condofuri Marina (RC) specializzato nell’addestramento di cani da fiuto per scie chimiche. Il suo olfatto era in grado di distinguere una nuvola naturale da una chimica anche a chilometri di distanza. E quel giorno aveva trovato una nuova casa, la famiglia Z., due coniugi americani da anni impegnati nella denuncia dei programmi di geoingegneria atmosferica che avevano deciso di portarlo con loro negli USA.

L’obiettivo dei coniugi Z. era la ricerca sul campo. La loro speranza era che Geiger potesse aiutarli a identificare e catalogare le diverse tipologie di scie chimiche direttamente in quota grazie al suo olfatto straordinario e a una tecnologia all’avanguardia. Il loro piano era semplice ma geniale: trovato il cane da fiuto perfetto, lo avrebbero portato con loro in aereo, e gli avrebbero fatto indossare un piccolo registratore vocale fissato al collare, capace di catturare i suoi latrati e i suoi segnali olfattivi. Questi suoni sarebbero stati analizzati una volta atterrati, rivelando preziose informazioni sul tipo di sostanze presenti nell’aria ad alta quota.

Fu così che quando arrivò il momento di prendere il volo per tornare in America con il nuovo compagno a quattro zampe, la famiglia scelse una compagnia aerea certificata no chemtrails, che via mail a loro esplicita domanda aveva garantito loro in modo chiaro e inequivocabile: “No, i nostri aerei non spargono scie chimiche”. Purtroppo, per ragioni di regolamenti e spazio, Geiger non poté viaggiare con la famiglia in cabina, ma fu costretto a rimanere nella stiva, separato e isolato.

Durante il volo, la situazione precipitò rapidamente. Geiger iniziò a manifestare segni di agitazione, confusione e stress estremo. Qualcosa nell’aria della stiva, o forse proprio le scie chimiche emesse dall’aereo stesso, lo stava facendo impazzire. Nonostante i tentativi di mantenere il suo benessere, Geiger si ammalò gravemente e, nel corso del viaggio, morì in circostanze misteriose.

I coniugi Z., devastati, si rifiutarono di accettare la versione ufficiale che attribuiva la morte del cane a cause naturali o stress da viaggio. Il cane era ancora giovane e non aveva mai mostrato segni di malessere, nemmeno durante il lungo viaggio in auto fino all’aeroporto. Convinti che la morte di Geiger fosse direttamente collegata alle sostanze chimiche invisibili che l’aereo aveva sparso durante il volo, decisero di portare la compagnia aerea in tribunale. Il cuore della loro denuncia era la registrazione del collare di Geiger: una prova concreta, inconfutabile, che avrebbe dimostrato come il cane avesse percepito e reagito alle scie chimiche presenti in volo. Ogni latrato, ogni segnale captato, doveva raccontare la storia nascosta della contaminazione aerea che le compagnie continuano a negare.

Tuttavia, la battaglia legale si rivelò più ardua del previsto. I giudici, ignorando la portata delle prove fornite, bollarono la famiglia come complottisti paranoici. La causa fu respinta senza approfondimenti significativi. La compagnia aerea, protetta dal velo del segreto industriale e dalle normative internazionali, uscì indenne da ogni accusa, e anzi chiese ai poveri coniugi il rimborso delle spese processuali.

Da quel momento, la storia di Geiger si è persa nel silenzio, ignorata dai media mainstream e sminuita come semplice teoria del complotto. Ma per la famiglia, la verità è più chiara che mai: Geiger è morto perché l’aereo che doveva portarli sani e salvi era lo stesso veicolo che stava diffondendo quelle sostanze velenose che lui aveva il compito di fiutare.

Questo caso solleva inquietanti interrogativi: se gli aerei fossero davvero “puliti” e non emettessero scie chimiche, perché un cane addestrato proprio per rilevarle è morto in volo? E perché la compagnia aerea ha mentito, inviando rassicurazioni via mail che si sono rivelate false? In un mondo dove la scienza ufficiale ignora o minimizza il fenomeno, e le compagnie aeree negano ogni responsabilità, la morte di Geiger resta un monito potente: a volte la realtà è proprio sotto il nostro naso — o, meglio, sotto il naso di un cane che cercava solo di proteggerci.

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Sull'autore
Nato da padre italiano e madre tedesca, Wotan inizia la sua attività da ricercatore indipendente a 23 anni, shoccato dalla vista delle prime chemtrail. Attualmente residente in terra teutonica, è traduttore professionista di testi divulgativi, nonché socio fondatore della Gesellschaft für das Erwachen der Bevölkerung (GEB).
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