Sembra il titolo di un articolo di una pagina satirica da quattro soldi, ma si tratta di una proposta reale: un emendamento alla prossima legge finanziaria punta a vietare la calvizie per legge. Secondo un recente leak del Ministero della Salute, il governo italiano starebbe considerando questa misura come risposta a un fenomeno di rilevanza sociale, psicologica ed economica sempre più urgente.
Il motivo ufficiale? Stando ai documenti trapelati, gli studi arrivati direttamente sulla scrivania del Ministro della Salute Schillaci mostrano che i calvi sono una delle categorie più colpite dal body shaming. La condizione, essendo stata inserita recentemente nel DSM-5, è diventata disturbo psicologico ufficiale, consentendo il rimborso integrale di costosi cicli di psicoterapia da parte del Sistema Sanitario Nazionale. E qui sorge il problema: mantenere psicologicamente stabili i calvi è diventato un salasso per le casse dello Stato.
Motivi non ufficiali potrebbero essere due: far passare l’Italia come un territorio poco colpito dal fenomeno delle scie chimiche (come ben sapete, causano alopecia indotta) e riabilitare la figura di un noto calvo italiano del secolo scorso, pesantemente preso in giro anche per via della sua condizione fisica. Ma facciamo finta di niente e leggiamo cosa prevederebbe l’emendamento.
Da “normale” calvizie a emergenza nazionale
Il governo, noto per agire sempre con pugno di ferro, ha deciso di puntare non su semplici parrucche ma sul trapianto preventivo. Le parrucche non risolverebbero infatti i disagi psicologici, e anzi li andrebbero a peggiorare (immaginatevi una persona con parrucchino a Trieste mentre soffia la bora). Secondo i calcoli dell’ufficio studi del Ministero, un trapianto di capelli costa comunque molto meno di un ciclo di psicoterapia e ha effetti collaterali minimi, a parte qualche prurito post-operatorio. Dal prossimo anno, quindi, l’Italia potrebbe diventare il primo Paese al mondo completamente parrucchino-free, vietando la calvizie alla radice (se ci permettete il gioco di parole).
Non è una novità che in politica i capelli abbiano sempre avuto un ruolo simbolico. Lo stesso Silvio Berlusconi, con il suo celebre trapianto, aveva intuito il potenziale politico del capello folto. Ma se Berlusconi ha dato il buon esempio, il governo Meloni intende estendere questo diritto estetico a tutti gli italiani. Che sia alopecia naturale o indotta dalle scie chimiche, il risultato non cambia: nessun italiano potrà uscire di casa senza una bella e folta chioma, che lo voglia o no, pena l’immediata denuncia alle autorità competenti.
Il treno della puntualità
Il leak ministeriale suggerisce inoltre un collegamento bizzarro ma affascinante tra la calvizie e la puntualità dei treni. A quanto pare, un think tank governativo ha ipotizzato che la calvizie influenzi negativamente la gestione del tempo, con i calvi che sarebbero più inclini a perdere secondi preziosi nell’autocommiserazione davanti allo specchio e nell’aggiustamento del parrucchino, cosa che porta molti ad arrivare in ritardo a lavoro, in primis i capotreni. Con più capelli, si stima che il livello generale di produttività degli italiani aumenterà, migliorando anche la puntualità delle ferrovie. Un’Italia più capellona è un’Italia più puntuale.
Multe retroattive e insulti storici
Il disegno di legge, tuttavia, non si limiterebbe al futuro ma punterebbe anche a riscrivere il passato. Sarebbero previste sanzioni pesanti, da 1.000 a 10.000 euro, per chiunque insulti o abbia insultato una persona per la sua calvizie. La misura è retroattiva, perciò i comici improvvisati di Internet farebbero bene a cancellare vecchi post o meme scritti su forum abbandonati 15 anni fa in cui prendevano di mira personaggi storici noti per la loro testa lucida. Si vocifera che i servizi segreti siano già al lavoro per individuare commenti offensivi riguardanti un certo leader italiano del Novecento.
Reazioni contrastanti
L’annuncio non è passato inosservato. L’associazione nazionale “Pelati Uniti per la Dignità” (PUD) ha accolto con favore l’iniziativa, definendola “un passo epocale verso l’inclusione estetica”. Al contrario, il sindacato delle industrie di parrucche ha già minacciato scioperi e manifestazioni, sostenendo che la legge distruggerà un settore che vale milioni di euro.
Resta da vedere se il Parlamento approverà l’emendamento. In ogni caso, la battaglia contro la calvizie potrebbe rappresentare un nuovo capitolo nella storia delle politiche sociali italiane. E se ciò porterà davvero capelli più folti e treni più puntuali, il governo Meloni potrebbe passare alla storia come il primo a mettere fine a una discriminazione radicata quanto la calvizie stessa.